Contatti
You are here:   Home  /  Works  /  A Nice Family
  • Family01
  • Family02
  • Family03

A Nice Family

installazione
a cura di Maria Giovanna Tumino

Biennale d’Arte Creativa di Viterbo – IV Edizione
“Tutto il mondo è un palcoscenico” W.S.
a cura di Laura Lucibello
Palazzo dei Papi , sala Alessandro IV
Viterbo

Foto di Fabio Milani e Sabrina Manfredi

—————————-

A nice family, genesi di un’opera

L’opera di Pasquale Altieri “A nice family” nasce dalla suggestione del tema consigliato dalla curatrice Laura Lucibello: William Shakespeare. E proprio da questa suggestione inizia a comporsi il percorso creativo che conduce all’opera. Con il suo consueto linguaggio di objet trouvé, archiviati, e “rapiti” dalla vita quotidiana con uno sguardo quasi dadaista, l’artista compone la sua opera, in cui gli oggetti combinati in una sorta di ready made diventano un linguaggio altro.
In un gioco di rimandi, di assonanze ed analogie nasce “A nice Family”, nella composizione i volti ritratti di una madre, un padre, un figlio, “rapiti” ed estrapolati dalla riproduzione di un ritratto familiare fiammingo; che per analogia rimandano ai ritratti del drammaturgo inglese, nelle ambientazioni, nelle vesti: i ritratti scelti da Altieri perché legati alla stessa epoca, suggeriscono parallelismi con Shakespeare, la sua vita ed il suo mondo creativo.
La scelta dell’uso dei ritratti è un filo rosso nell’immaginario di Altieri, che negli sguardi dei soggetti ritratti ha sempre trovato un mondo di suggestioni e di rimandi, dall’antichità ad oggi. Dai ritratti romani del Fayum e di Pompei che con i loro sguardi misteriosi e comunicativi sembrano suggerire e narrare una storia, un mistero a quelli fiamminghi da cui arrivano i personaggi della nice family ed ai loro sguardi dal taglio inconsueto che sembra fissare gli occhi di chi guarda. L’enigma e la magia dei ritratti è argomento della storia dell’arte e dell’immaginario collettivo da sempre, da quel ritratto di marinaio ignoto di Antonello da Messina, oggetto di una leggenda che lo portò ad essere addirittura sfregiato e quasi distrutto. In questo interesse per il ritratto, la scelta di Altieri dei fiamminghi.
I ritratti, carte ritagliate da manifesti, vengono fissate su tavola a richiamare anche a livello tecnico un continuo ready made. I volti vengono collocati a parete, nello spazio creato dall’artista che lo descrive come un ambiente che è insieme una stanza e fondale teatrale “in cui una tenda inquadra una finestra che non c’è, delle scarpe, una colonna con fiori, specchio, salottino, famiglia”. Di nuovo una serie di rimandi, di immagini ambigue, la tenda di broccato che richiama il palcoscenico e la panneggiatura intorno ad una finestra inesistente, che apre su uno spazio che non è reale, solo suggerito, come quello suggerito dai tagli di Fontana. Teatro, vita, suggestioni, immagini, uno spazio della mente in cui la parte razionale sembra venire meno perché ”ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia” come si legge nell’Amleto, che è suggestione inconsapevole di questo ambiente/scena teatrale.

Maria Giovanna Tumino

A nice family, genesis of an artwork

The mixed media piece “A nice family”, by artist Pasquale Altieri, evolved from the suggestiveness of a theme proposed by
the curator Laura Lucibello: William Shakespeare. The evocative character of this cultural motif thus becomes a landmark on the path of the creative process, a trail that ultimately leads to the conception of the artwork. The artist articulates his creation through his customary language of objet trouvé, archived objects “stolen” from daily life in a nearly Dadaist gesture, which, arranged in the style of a ready made piece, become a new jargon. “A nice family” takes shape in a dance of cross¬reference, assonance, and analogy.
The composition features the formally portrayed faces of a mother, a father, and a son, each “snatched” and displaced from a reproduction of a Flemish family portrait. In a larger artistic analogy, the setting and garments of the subjects seem to reference portraits of the English playwright himself, a chronological parallel that Altieri employs to allude to Shakespeare’s life and creative realm.
The in corporation of portraiture isa common threadin Altieri’s artistic vision, where the gaze of the depicted represents a universe of suggestive echoes and allusions, hailing from the ancient to the contemporary.
From the mysterious yet candid glances of the Ancient Roman likenesses from Fayyum and Pompeii, which seem to hide a story or a secret, to Flemish portraits, such as the ones from A nice family, whose curious, penetrating stares seem to follow the outside viewer.
The mysterious and enigmatic quality of portraits has long been a subject of interest both in the sphere of formal art historical study,and in collective popular fascination (as proven, for example, by Antonello da Messina’s depiction of an anonymous sailor, whose legendary renown provoked its damaging and near destruction). Hence Altieri’s choice to appropriate the Flemish portraits. The reproductions of the portraits, cut out from advertisement posters, are affine on wood and arranged so as to allude to the ready made style even on a technical level. The faces are arranged on a wall within the space created by the artist, which he describes as an environment that is both a room and the backdrop for a stage set, “where a curtain frames a window that does not exist, pairs of shoes, a column with flowers, a mirror, a drawing room, a family.” Once again the piece evokes certain ambiguous images and perceptions: a brocaded curtain that echoes the stage, and paneling that frames an inexistent window that opens out towards a space that is not real, but merely alluded to (that same perceived space that Fontana explores in the “gashes” of his canvases). Theatre, life, allusion, and image, all convene in a mental locus where the rational mind seems to falter.
To quote William Shakespeare’s Hamlet, perhaps the coincidental ethos of this theatrical space/scene, “There are more things in Heaven and Earth, Horatio, than are dreamt of in your philosophy.” (Hamlet, 1.5.167¬8)

  2016